Detartrasi e Levigatura Radicolare

Fase di mantenimento

è indicata una ulteriore riduzione chirurgica delle tasche. Il mantenimento a lungo termine è possibile se viene attuato un efficiente programma di visite di controllo. Uno studio riguardante la perdita di denti su 600 pazienti nell'arco di 22 anni eseguito nel mio studio ha dato le seguenti indicazioni: 1. Sebbene, in media, i pazienti esibissero aspetti similari di malattia parodontale all'inizio del trattamento, 1 '83% dei pazienti persero meno di quattro denti nel periodo di mantenimento. Il 12% perse tra 5 e 9 denti ed il 4% perse più di nove denti. La riduzione della profondità delle tasche come risultato del trattamento fu similare. Ciò nonostante,durante il mantenimento a lungo termine, il gruppo ben conservati «Well-maintained» (con meno di quattro denti perduti) dimostrò una resistenza verso nuove lesioni parodontali in modo che il tipo di denti andati persi riflette da vicino la distruzione e la gravità della malattia presente alla visita iniziale (Fig.10-1). Si ricava che i molari che erano di norma i denti più colpiti dalla malattia erano anche quelli perduti più frequentemente nel corso della fase di mantenimento. Anche in questo gruppo però, circa il 20% dei denti avevano una prognosi favorevole all'inizio del trattamento. Il gruppo intermedio «Slowdownhill» (da quattro a nove denti persi), esibiva delle lesioni parodontali avanzate sui denti già interessati in origine come pure una propensione verso perdite causate da nuove lesioni (Fig.10-2). Di tutti i denti persi, in origine il 43% aveva avuto una buona prognosi, approsimativamente il doppio del gruppo «well- maintained» . Nel gruppo di massima perdita «extreme downhill» (da 1O a 23 denti perduti), il 46% dei denti persi aveva, all'inizio, una prognosi favorevole (Fig.10-3). Da quanto è stato riferito è innegabile il concetto di risposta e resistenza individuale nei confronti della malattia. Un semplice trattamento infatti bastò per stabilizzare quasi completamente la malattia nel primo gruppo, mentre non fu efficace per gli altri due. 2. La presenza di compromissioni di biforcazioni e delle triforcazioni, nell'83% dei casi (gruppo ben mantenuto) non portò alla perdita dei denti. In questo gruppo solo il 19% di tutti i denti con biforcazioni venne perduto (Fig.10-4). Da notare che furono eseguite solo poche amputazioni radicolari, e che quindi molte tasche interradicolari persistettero dopo il trattamento. Se ne consegue che mentre la detartrasi delle superfici radicolari nell'ambito delle aree di biforcazione è quasi sempre incompleta, sembra che l'asportazione della maggior parte del tartaro subgengivale sia sufficiente per una marcata dimi- nuzione della distruzione parodontale. Come per tutte le malattie croniche, la malattia parodontale alterna periodi di attività e periodi di remittenza estesi sia localmente che a tutta la dentatura. La resistenza al progredire della lesione nelle biforcazioni, nonostante la presenza di placca batterica residua non deve autorizzarci ad eseguire una detartrasi poco accurata. Al contrario, essa indica il livello di resistenza e la natura del processo della malattia comune alla maggioranza dei nostri pazienti. Nel rimanente 16% dei casi studiati, circa il 75% dei denti con biforcazioni venne perso. 3. L'eliminazione delle tasche probabilmente non è la determinante fondamentale per il mantenimento a lungo termine. Per caso i gruppi 2 e 3

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